Milano, 21 dicembre: 30 centrimetri di neve a terra, altrettanti in arrivo nel corso della notte, città in panne e uno strano, beato, silenzio ovattato. Un sms sul mio telefono.
A Bangkok venerdì sono previsti 34,7 gradi. Guarda fuori dalla finestra e dimmi se non ti senti una figa.
Risposta. Mezz’ora fa sono entrata in farmacia ricoperta di neve, ho comprato una crema solare protezione 40 e il repellente per zanzare più forte sul mercato.
Yes sir, siamo in partenza. Bangkok, Saigon, Delta del Mekong, isola di Pu Quo, Cambogia. Tre settimane di quelle che si ricordano; soprattutto, di quelle che attendo da tempo. Niente iPhone, niente Internet, niente lavoro, niente sms, niente di niente: anni che non stacco così. Non sto nella pelle, letteralmente. Vantaggi collaterali di un viaggio che già di per sé ha moltissimo di vantaggioso: un salto in lungo su tutta la melassa del Natale, il frastuono del cenone, l’angoscia dei regali, il coma iperglicemico indotto da flebo di zuccheri saturi e lipidi nascosti in ogni pietanza. God bless Vietnam.
L’assenza dello stato comatoso alimentare che segue la tre giorni 24-25-26, quando di norma mi rigiro nel letto sudando burro e agognando il tapis roulant, mi impedirà però di fare una cosa: la lista dei propositi per l’anno venturo. Un classico delle notti insonni con le mani sulla panza che lievita, mentre faccio la spola tra il letto e il cassetto della cucina in cerca di un malox, pensando Mai più, giuro che l’anno prossimo me ne chiamo fuori, e da gennaio a dieta!. Segue, nella mezz’ora in cui attendo la quiete dei succhi gastrici, un bilancio sommario dell’anno in procinto di chiudersi, e un elenco di idee e intenzioni per quello a venire. Negli anni, non ho quasi mai avuto la forza di verificare la riuscita effettiva dei propositi nella lista, ma il 2009 in questo senso è stato da record, e vale la pena metterlo nero su bianco.
Banalità a parte – dieta, miglioramento del tono muscolare, acquisto di oggetti a lungo desiderati grazie a un risparmio forsennato (!) – affronto la fine dell’anno con una serenità cui non son abituata, frutto di un percorso emotivo alimentato nei mesi con libri, canzoni, pensieri, stato d’animo vissuti fino all’ultimo respiro, chiacchierate, lacrime liberatorie, lettere scritte e ricevute, pranzi di famiglia, amore puro per la vita, incontri imprevedibili, affetti solidi, amicizie ritrovate, scoperte quotidiane. Cose che probabilmente non sono prerogativa esclusiva dei dodici mesi passati, ma che bisogna riuscire a riconoscere ed esplorare. Ho esplorato abbondantemente la mia emotività nel 2009, mi sono concessa il lusso di vivere ogni momento come arrivava, e di viverne il più possibile. Take it as it comes, è un piccola frase del libro del Tao che ho messo al sicuro nel cuore. Chi deve arrivare arriva, chi deve andare va, qualcuno torna; tu resta quieta di fronte alla vita, abbracciala nella sua interezza.
Sono piccole cose, o forse giganti; sono consapevolezze, in ogni caso, che mi hanno un po’ stravolto i pensieri. E che ho combinato con un altro faro guida di comportamenti e azioni, piccolezza che vale comunque la pena di condividere: Share it all. Non c’è stato un oggetto ricevuto in regalo e che non mi servisse che non abbia dato a qualcuno che invece ne aveva bisogno; l’adagio che i regali non si regalano mi pare una sonora idiozia di fronte all’aiuto reciproco, alla necessità di contenere la sovrapproduzione, di non inquinare oltre il Pianeta. Un amico mi ha chiesto mesi di ospitalità perché in difficoltà economica: non è stato sempre facile stare in due in 35 metri quadrati, ma gliela ho data. Ho raccolto stranieri sbronzi in botta fuori dalle discoteche e li ho riportati a casa alle sei della mattina: è stato divertente. Ho comprato biglietti aerei per alcuni amici per portarli a Londra per il mio 30esimo compleanno e ho chiesto a tutti di non chiedermi se c’è un regalo che voglio, a Natale o per il compleanno o in qualcunque altra occasione, ma di pensare abbastanza a me per sceglierne uno che mi si addica.
Piccolezze, non c’è dubbio. Madre Teresa continua a essere molto distante, i miei difetti e talune insicurezze sono tutti lì. Ma ho vissuto meglio, e mi va di dirlo. Ragion per cui i miei propositi per il 2010 non sono molti, ma ben circoscritti:
1) Parlare di meno al telefono.
I cellulari sono un mostro le cui conseguenze sulla salute saranno evidenti solo negli anni. Questo spaventoso articolo uscito giovedì su Repubblica la dice lunga. Per me si tratta di uno sforzo sovraumano, contando il lavoro che faccio e quanto la mia vita sia connessa, nel senso che piace a vodafone. Ho iniziato con il tirare fuori l’auricolare dell’iPhone.
2) Smetterla di gridare alla gente in macchina.
Preservazione della specie: prima o poi qualcuno mi mena. L’ho scampata troppe volte prima dei 30, non è detto che la fortuna mi arrida anche dai 30 in poi.
3) Pulire casa da sola, smettere di pagare una signora che mi dà una mano e investire i soldi in un corso di francese.
L’idea di riiniziare a stirarmi le camicie mi fa accapponare la pelle, ma forse posso smettere di indossarle.
4) Correre la mezza ad aprile, in un tempo decente.
Poco da dire: ci vuole tanto allenamento e io di recente non ho mai corso più di tre volte a settimana, scoppiando entro un’ora. La mezza è lontana. Lontanissima.
5) Non smettere mai di cercare.
Come diceva Steve Jobs in quel video, Stay hungry Stay foolish. Il segreto è tutto lì.
Ah. Il mio regalino per voi è questa canzone; ne avrei scelta un’altra, ma il testo era poco in linea con le buone intenzioni che cerco di diffondere. In ogni caso, per superare le ferie, affondate nei Belle and Sebastian. Io lo farò dall’aereo.
#1 by giovanni on December 22, 2009 - 14:35
Gea, non rinunciare alla signora, trovare le camicie stirate il sabato mattina prima di saltare in macchina per lavoro… non ha prezzo! Per il resto condivido tutto, perciò augurissimi! E God bless Vietnam!
#2 by gea on December 22, 2009 - 16:40
grazie gio, un bacione e trascorri buone vacanze. ci si sente al ritorno con un lungo reportage sulla terra asiatica!