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Dispacci Chile #2
Sulla strada tra Temuco e Villarica si incontrano più mucche che persone: due autostoppisti, dieci pascoli bruciati dal sole, una guida sudaticcia che cerca riparo dal caldo mentre aspetta che un pullman di turisti arrivi a caricarlo. Casette di legno sovrastate da gigantografie scolorite che pubblicizzano la prossima fiera del bestiame costeggiano la strada, e potrebbe sembrare il Texas se non fosse per il prezzo indicato sui cartelloni Se Viende che fanno capolino qui e là: ci vogliono 2 milioni e mezzo di pesos – circa 3.700 euro – per diventare felici proprietari di un rettangolo col tetto rosso, con cavallo nel recinto che brulica sterpaglie.
La pampa si dirada man mano che si sale verso il Villarica, il vulcano che gli indios mapuche chiama(va)no Rucapillan, casa degli spiriti. Gli spiriti si son fatto vivi la settimana scorsa: un’eruzione spettacolare ha lasciato il cratere nudo, le colate di lava si sono mangiate il bianco e ora resta un pennacchio di fumo che segna l’orizzonte.
Abbiamo impiegato circa un’ora e mezza per arrivare alla hacienda, una specie di paradiso che costeggia un fiume trasparente, punteggiato di tinozze di legno piene d’ acqua, riscaldate col fuoco, vicino alle quali sonnecchia Obama, il cagnolone della tenuta. Nel pomeriggio, mentre gli altri si lanciavano giù per il fiume con un gommone, ci siamo infilati dentro una tinozza rovente, guardando con ammirazione degli americani (texani, non a caso) che si tuffavano nel rio e poi dentro la vasca fumante.
Oggi vorrei provarci anche io, se solo riuscissi a smaltire quei due chili di asado e vino rosso gentilmente offerti ieri sera dai nostri ospiti in un barbecue in riva al fiume. E meno male che prima di partire il medico si era raccomandato che non affaticassi il fegato.
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