La spending review dell’influenza


Il mio medico della mutua funziona al contrario di tutti gli altri. Quando arrivi da lui, nel 99 per cento dei casi ti manda via dicendo che non hai niente: un paio di volte in cui mi sono presentata con prescrizioni fatte da specialisti che volevano farmi fare sedute di laserterapia e altre amenità per curare i legamenti si è addirittura adirato, mettendosi a spiegarmi che quelli pensano sempre di avere a che fare con i giocatori del Milan, mica con uno che non ha in tasca 10 mila euro per cazzate che non servono a nulla (io, comunque, ho apprezzato).
Una volta sono entrata che stava imprecando contro una signora imbarazzatissima che gli chiedeva di prescriverle chissà quali esami, che le erano stati suggeriti da qualcuno e che lui evidentemente non riteneva utili. E l’ho sentito sgridare più di un malcapitato che si era avventurato a presentarsi in ambulatorio senza aver preso appuntamento: già, perché bisogna prima avvisarlo al telefono, anche se in studio spesso non c’è assolutamente nessuno.
Penserei insomma che è un pigro micidiale, se non fosse che nel restante un per cento dei casi un minuscolo foruncolo o una perdita di sangue possono suggerirgli scenari apocalittici, di malattie semi-incurabili che pensavo estinte dai tempi di Toulouse Lautrec: mi sono ritrovata già un paio di volte a fare analisi complete per scovare nel mio corpo virus di mali indicibili che, fortunamente, lì invece non albergavano.
L’ultima volta che sono andata da lui è stato qualche giorno fa: nell’arco di un paio d’ore mi aveva preso così di colpo, e così forte, mal di gola e mal di orecchie che mi ero convinta di essere sotto attacco di qualche batterio nemico. Ho provato a buttarglielo lì, mentre scuoteva la testa e mi diceva il consueto Non hai niente, ancorché argomentato. L’ho quasi supplicato, in completa paranoia: Ti prego, guardami le orecchie, mi sento male, non sono una che si inventa le malattie. Lui mi ha guardato tutto e poi ha emesso il verdetto: E’ un semplice virus. Avrai la febbre. Comprati tachipirina, Oki,  Froben e vai a letto. E restaci finché non stai bene.
Sono passati cinque giorni. Sono ancora a letto. Non ho quasi più febbre, ma ho finito le arance e ho ancora mal di orecchie. Vorrei chiamarlo per chiedergli quando posso alzarmi, ma ho paura di cosa potrebbe rispondere. In fin dei conti la sua deve essere una specie di strategia: pur di non sentire i suoi rimproveri, la gente si ammala di meno. Mi sono convinta che debba essere un emissario di Cottarelli per abbassare la spesa nella Sanità. La spending review sull’influenza: d’altra parte si inizia sempre con i pesci piccoli.

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