Tampa 2012
Posted by gea in politica e dintorni, viaggi on August 28, 2012
Sapevatelo
Posted by gea in politica e dintorni, viaggi on August 28, 2012
Anno di grazia 2012, alla convention repubblicana di Tampa non c’è accesso internet wifi per la stampa. E la metà delle prese ethernet non funzionano.
Sapevatelo, voi che volevate votare Romney.
On the road again
Cosa si mette in valigia e per stare via venti giorni, passando tra aerei, greyhound, treni, feste parruccone dei democratici e divani degli sconosciuti, bettole a new orleans e persino il dannato tifone che arriva a Tampa proprio insieme a me?
Le invasioni barbariche
Quello che volevate sapere su Cipro, e nessuno vi ha mai detto
(Racconto edulcorato e contestualizzato delle peregrinazioni di due donne a bordo di un’auto di cui in breve hanno perso persino la targa)
Ridammi il dolore, sempre meglio di te
Posted by gea in gea and the city on August 15, 2012
Capita che ti svegli una mattina di agosto e un dente che non sapevi nemmeno di possedere decide di ricordarti la sua presenza aprendo le ostilità. E alla fine, nonostante la resistenza nei confronti delle cure mediche – specie quelle in emergenza, che nascondono sempre una qualche minaccia – ti ritrovi a sfogliare Internet in cerca di un dentista che il 6 agosto sia ancora nell’inferno di cemento della nostra amata Milano.
Buona notizia: esistono. Non solo quelli che lavorano tutto il mese – un po’ come me, insomma – ma quelli che lavorano twenyfourseven, per dirla con gli americani. Ventiquattro ore su 24, sette giorni su sette. Un po’ tipo il 7Eleven all’angolo, refugium peccatorum di molte notti e molti disperati.
Va da sé che il dentista twenyfourseven non è (ancora) quello che ha il Cayenne parcheggiato in garage e l’infermiera 90-60-90 che gli getta occhiate languide. Bensì un dominus che ha parcheggiato quattro o cinque neo-patentati dentisti in uno studio che sembra una caserma, una ecaudoregna alla reception e una slava a reggere i ferri del mestiere.
E tuttavia, superata la barriera linguistica (l’ho sempre detto che aver bevuto birre a Valencia per un anno pagata dall’università è stata una delle mie migliori scelte di sempre), con solerzia si accede sotto lo sguardo vigile dell’apprendista dentista. Che non conosce dubbi o esitazioni: Devitalizziamo.
– Ma come, ora?
– Certo non c’è tempo da perdere.
– Ma devitalizzare non è tipo l’ultima spiaggia?
– Signorina, c’è sempre l’estrazione. Vuole che glielo estragga?, chiede con sorriso da Shining.
Per l’amor di Dio, devitalizziamo.
L’operazione, a dirla tutta, è meglio del previsto: tre siringhe di anestesia e passa la paura (soprattutto, la consapevolezza). Quasi banale. Tanto che il neodentista 1, che armeggia in bocca, e il neodentista 2, che gioca su Facebook a pochi metri di distanza, hanno tempo di scambiare chiacchiere e amenità.
– Quindi dove vai in vacanza?
– In Turchia
– In Turchia?
– Già, costava poco
– Mi raccomando non mangiare niente di fresco. Solo roba in lattina. Quelli non hanno nemmeno le fogne: prendi il colera.
– Eh lo so lo so. Ma guarda, sono già stato una volta a Sarajevo: ho persino bevuto da una fontanella.
– Eh sì, ma può essere drammatico. Un mio amico è quasi morto in Thailandia per aver mangiato un’arancia.
[Inizio ad agitarmi, batto i piedi sul lettino]
– Signora, stia ferma
[Signora una cippa, ho 32 anni, pirla]
– Comunque dicevo: c’è da aver paura lì eh. Il mio amico poi è andato all’ospedale: gli hanno dato 24 pastiglie in un giorno.
– Lo so: io quando sono all’estero i denti me li lavo sempre con l’acqua minerale.
– E il ghiaccio nei cocktail? Ma lo sai che il mix di alcool e batteri del colera può ammazzarti?
– Sì sì ma io non tocco niente figurati: spiaggia, ristorante, discoteca e via.
– Ma non ti annoi un po’?
– Eh sì ma non c’è niente da vedere lì in Turchia. Niente. Niente in centinaia di chilometri.
Ridatemi il mio dente. Rivoglio il mio dolore. Meglio le ferite del corpo che quelle dell’anima.
Cipro bottom up – il Sud
Cipro: dalla costa meridionale arricchita dal turismo di massa ai territori del Nord occupati dai turchi nel 1974. Ovvero la dimostrazione che giusto-sbagliato e buoni-cattivi sono categorie su cui la storia tende a sbagliarsi spesso.
On va à Arles
Posted by gea in gea and the city, viaggi on July 4, 2012
Il potere liberatorio del fare una valigia ascoltando Bob Dylan.
Aldrovandi, mi vergogno io per loro
Posted by gea in giornali e dintorni on June 27, 2012
La vicenda dei quattro poliziotti che hanno massacrato di botte Federico Aldrovandi fino ad ammazzarlo e, condannati in via definitiva a tre anni e sei mesi (poi indultati), si sono messi a scrivere sui social network insultando la madre del ragazzo, è una di quelle cose che mi fa sognare di non essere una giornalista.
Vorrei non dover rispondere pubblicamente del ribollire della pancia e dei pensieri. Perché scriverei che una giustizia che punisce l’omicidio brutale di un ragazzo disarmato con tre anni e sei mesi non è giustizia. E che l’opacità del corpo alle dipendenze del ministero degli Interni, come già fu a Genova nel 2001, è degna di quei Paesi sudamericani che chiamiamo altezzosamente semi-dittature.
E no, l’Italia non è una dittatura né lo era ai tempi (bui) di Berlusconi, ma ha una endemica tendenza alla deriva squadrista, e alla sua protezione corporativa.
Scriverei anche che i peggiori sono quelli che dovrebbero denunciare tutto quanto. Perché un’informazione che relega la notizia a pagina 20, o nelle spalle laterali, o si affida a due take dell’Ansa al posto di alzare il telefono e farsi dire da quella donna perché le hanno ammazzato il figlio una seconda volta, non è un’informazione degna di questo nome. E’ una piccola casta troppo impegnata a guardarsi l’ombelico europeo per capire che la gente vive e muore con e senza l’Eurogruppo. Che la moneta unica la fanno e la distruggono, ma la vita e la dignità non te le restituisce nessuno.