Tampa 2012

Questa è la gente che nel 2012 vuole governare l’America

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Sapevatelo

Anno di grazia 2012, alla convention repubblicana di Tampa non c’è accesso internet wifi per la stampa. E la metà delle prese ethernet non funzionano.
Sapevatelo, voi che volevate votare Romney.

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On the road again

Cosa si mette in valigia e per stare via venti giorni, passando tra aerei, greyhound, treni, feste parruccone dei democratici e divani degli sconosciuti, bettole a new orleans e persino il dannato tifone che arriva a Tampa proprio insieme a me?

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Le invasioni barbariche

Quello che volevate sapere su Cipro, e nessuno vi ha mai detto
(Racconto edulcorato e contestualizzato delle peregrinazioni di due donne a bordo di un’auto di cui in breve hanno perso persino la targa)

Cipro, l’altra invasione

 

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Ridammi il dolore, sempre meglio di te

Capita che ti svegli una mattina di agosto e un dente che non sapevi nemmeno di possedere decide di ricordarti la sua presenza aprendo le ostilità. E alla fine, nonostante la resistenza nei confronti delle cure mediche – specie quelle in emergenza, che nascondono sempre una qualche minaccia – ti ritrovi a sfogliare Internet in cerca di un dentista che il 6 agosto sia ancora nell’inferno di cemento della nostra amata Milano.
Buona notizia: esistono. Non solo quelli che lavorano tutto il mese – un po’ come me, insomma – ma quelli che lavorano twenyfourseven, per dirla con gli americani. Ventiquattro ore su 24, sette giorni su sette.  Un po’ tipo il 7Eleven all’angolo, refugium peccatorum di molte notti e molti disperati.
Va da sé che il dentista  twenyfourseven non è (ancora) quello che ha il Cayenne parcheggiato in garage e l’infermiera 90-60-90 che gli getta occhiate languide. Bensì un dominus che ha parcheggiato quattro o cinque neo-patentati dentisti in uno studio che sembra una caserma, una ecaudoregna alla reception e una slava a reggere i ferri del mestiere.
E tuttavia, superata la barriera linguistica (l’ho sempre detto che aver bevuto birre a Valencia per un anno pagata dall’università è stata una delle mie migliori scelte di sempre), con solerzia si accede sotto lo sguardo vigile dell’apprendista dentista. Che non conosce dubbi o esitazioni: Devitalizziamo.
– Ma come, ora?
–  Certo non c’è tempo da perdere.
– Ma devitalizzare non è tipo l’ultima spiaggia?
– Signorina, c’è sempre l’estrazione. Vuole che glielo estragga?,
chiede con sorriso da Shining.

Per l’amor di Dio, devitalizziamo.
L’operazione, a dirla tutta, è meglio del previsto: tre siringhe di anestesia e passa la paura (soprattutto, la consapevolezza). Quasi banale. Tanto che  il neodentista 1, che armeggia in bocca, e il neodentista 2, che gioca su Facebook a pochi metri di distanza, hanno tempo di scambiare chiacchiere e amenità.

– Quindi dove vai in vacanza?
– In Turchia
– In Turchia?
– Già, costava poco
– Mi raccomando non mangiare niente di fresco. Solo roba in lattina. Quelli non hanno nemmeno le fogne: prendi il colera.
– Eh lo so lo so. Ma guarda, sono già stato una volta a Sarajevo: ho persino bevuto da una fontanella.
– Eh sì, ma può essere drammatico. Un mio amico è quasi morto in Thailandia per aver mangiato un’arancia. 

[Inizio ad agitarmi, batto i piedi sul lettino]

– Signora, stia ferma
[Signora una cippa, ho 32 anni, pirla]

– Comunque dicevo: c’è da aver paura lì eh. Il mio amico poi è andato all’ospedale: gli hanno dato 24 pastiglie in un giorno.
– Lo so: io quando sono all’estero i denti me li lavo sempre con l’acqua minerale.
– E il ghiaccio nei cocktail? Ma lo sai che il mix di alcool e batteri del colera può ammazzarti?
– Sì sì ma io non tocco niente figurati: spiaggia, ristorante, discoteca e via.
– Ma non ti annoi un po’?
– Eh sì ma non c’è niente da vedere lì in Turchia. Niente. Niente in centinaia di chilometri.

Ridatemi il mio dente. Rivoglio il mio dolore.  Meglio le ferite del corpo che quelle dell’anima.

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Cipro bottom up – il Sud

Cipro: dalla costa meridionale arricchita dal turismo di massa ai territori del Nord occupati dai turchi nel 1974. Ovvero la dimostrazione che giusto-sbagliato e buoni-cattivi sono categorie su cui la storia tende a sbagliarsi spesso.

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Il Centro

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Il Nord

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On va à Arles

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Il potere liberatorio del fare una valigia ascoltando Bob Dylan.

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Aldrovandi, mi vergogno io per loro

La vicenda dei quattro poliziotti che hanno massacrato di botte Federico Aldrovandi fino ad ammazzarlo e, condannati in via definitiva a tre anni e sei mesi (poi indultati), si sono messi a scrivere sui social network insultando la madre del ragazzo, è una di quelle cose che mi fa sognare di non essere una giornalista.
Vorrei non dover rispondere pubblicamente del ribollire della pancia e dei pensieri. Perché scriverei che una giustizia che punisce l’omicidio brutale di un ragazzo disarmato con tre anni e sei mesi non è giustizia. E che l’opacità del corpo alle dipendenze del ministero degli Interni, come già fu a Genova nel 2001, è degna di quei Paesi sudamericani che chiamiamo altezzosamente semi-dittature.
E no, l’Italia non è una dittatura né lo era ai tempi (bui) di Berlusconi, ma ha una endemica tendenza alla deriva squadrista, e alla sua protezione corporativa.
Scriverei anche che i peggiori sono quelli che dovrebbero denunciare tutto quanto. Perché un’informazione che relega la notizia a pagina 20, o nelle spalle laterali, o si affida a due take dell’Ansa al posto di alzare il telefono e farsi dire da quella donna perché le hanno ammazzato il figlio una seconda volta, non è un’informazione degna di questo nome. E’ una piccola casta troppo impegnata a guardarsi l’ombelico europeo per capire che la gente vive e muore con e senza l’Eurogruppo. Che la moneta unica la fanno e la distruggono, ma la vita e la dignità non te le restituisce nessuno.

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