se questo è cibo


Partiamo da un assunto: per alcune cose io sono una persona estremamente razionale, con i piedi ben piantati a terra e poco incline al romanticismo. Vivo in una grande città che mi sembra piccola, prendo più aerei che autobus, detesto la montagna senza la neve e qualsiasi posto collocato a più di 50 metri sul livello del mare;  il mio rapporto con la natura si limita sostanzialmente all’acqua, l’unico elemento che davvero mi riporta alla bellezza primordiale (la pianura mi aggrada, ma l’horror vacui mi assale dopo poche ore).
Per concludere lo spregevole quadro di me stessa, aggiungo che non ho praticamente alcun rapporto con animali né li amo particolarmente; nutro simpatia per i cani ma non abbastanza da prendermene in casa uno e fatico a credere alle storie di improvvisi colpi di fulmini tra uomini e bestie – anche se mia madre, che la pensava come me, si innamorò dall’oggi al domani di quelli che sarebbero diventati i suoi cani. Ma dubito fortemente che la storia possa ripetersi (un miracolato in famiglia è più che sufficiente, no?).
Chiarito questo, devo riconoscere che  il mio rapporto con gli animali – meglio, con la loro carne – vive una stagione difficile. Il colpo di grazia me l’ha inferto Eating animals (Se nulla importa), l’ultimo libro di Jonathan Safran Foer, giovanissimo maestro di lettere e fantasia, ma da tempo riflessioni e pensieri covavano sotto le ceneri. Il testo di Foer, vegeteriano non integralista, racconta con il consueto stile delicato ma estremamente immaginifico le sorti degli animali da allevamento. Non si dichiara contro il carnivorismo tout court, ma indaga i moderni sistemi di allevamento degli animali, le farm factory. Qui, per riassumere moltissimo – in rete si trovano tutte le informazioni possibili e immaginabili – volatili, maiali, mucche e tutti gli altri amici della fattoria sono allevati grazie a ritrovati scientifici e tecnologici con il solo obiettivo di crescere molto di più e molto più rapidamente di quanto la natura abbia previsto, così da rendere di più e costare di meno. Elencando alla rinfusa, Foer racconta di ormoni e antibiotici aggiunti ai loro mangimi, di sistemi di illuminazione a giorno che alterano la percezione temporale delle bestie (così le galline fanno uova costantemente), di migliaia di esemplari in poche decine di metri quadrati, di animali morti mescolati a quelli vivi, di bestie lasciate morire e marcire durante il trasporto, di selezione genetica delle specie finalizzata a ottenere unicamente animali più prolifici e resistenti a malanni e virus. Il tutto è estremamente documentato: il libro, frutto di anni di ricerche, ha un ricco appendice con tutti i trattati e le pubblicazioni scientifiche in materia, e Foer stesso si è intrufolato illegalmente in parecchi allevamenti per constatare di persona quello di cui andava narrando.
Accanto a questo aggiunge poi riflessioni sulla natura stessa dell’animale e della sua capacità di soffrire (anch’essa documentata da scienziati di ogni provenienza) e sull’opportunità dell’uomo di considerare alcuni animali come vicini e altri come totalmente estranei (nelle culture occidentali i cani sono più o meno sacri; in India lo stesso vale per le mucche), oltre a inquietanti considerazioni storico-scientifiche su come le moderne tecniche di allevamento siano corresponsabili per moltissime delle mortali forme virali recentemente presentatesi (l’H1N5, per dire) e di disagi quali asma, allergie e intolleranze sempre più comuni. Infine, Foer dà la parola ai detrattori della sua teoria, che spiegano in modo chiaro perché l’allevamento intensivo sia oggi il solo modo per rispondere all’esigenza proteica del mondo, a costi sostenibili per tutti.
Scelgo volontariamente di sorvolare sulla parte sentimentale della cosa – e non sempre senza fatica: alcune delle descrizioni della vita all’interno delle fattorie mi hanno fatto venire voglia di vomitare – e di concentrarmi unicamente su ciò che ha a che vedere con la salute e con l’etica. Perché devo ingollarmi chili di carne farcita di steroidi e antibiotici che indeboliscono il mio sistema immunitario con conseguenze che oggi non siamo nemmeno in grado di valutare? Perché buttare giù composti chimici, residui di animali inceneriti (quelli che muoiono e marciscono all’interno degli allevamenti vengono bruciati e riutilizzati nei mangimi degli altri) e una quantità di mix di farmaci probabilmente devastante? Perché farlo quando, oltretutto, la scienza, i medici e il santo Veronesi ripetono da anni che la carne rossa è potenzialmente cancerogena e andrebbe limitata al massimo? E ancora. Se è vero che gli animali soffrono e sono consapevoli della propria sorte, non è possibile anche che la loro stessa carne assorba il malessere cui la bestia è sottoposta nell’arco della breve vita? E poi: perché riempirmi di carne prodotta a centinaia di chilometri di distanza, alimentando un sistema perverso di trasporto merci, inquinamento ambientale, depauperazione del pianeta?
Una prima risposta a questa serie di domande potrebbe essere la scelta di consumare solo carne da allevamenti “tradizionali”, quelli per dire della bassa mantovana dove il maiale è sacro più o meno come le vacche nei pressi del Gange. Ma, a parte la difficoltà a reperirli in centro a Milano, o nei ristoranti in cui consumo il 97% dei miei pasti, Foer racconta anche di come spesso l’etichetta “bio” sia usata assolutamente a sproposito: per dirne una, la dicitura “allevate a terra”  sulla uova significa solo che la gallina ha avuto diritto magari a una gabbia di 30 per 50 centimetri che poggiava al suolo con una rete a maglie abbastanza larghe da consentire all’aria di circolare, al posto di un comodo loft a tenuta stagna da 20  per 20 centrimetri al decimo piano del condominio stile casermone popolare in cui sono allevate tutte le altre.
Una seconda risposta potrebbe essere smettere di mangiare carne e pesce, ma qui si apre un mondo. Tralasciando gli affettati, cui potrei rinunciare anche solo per la mia tendenza a ingrassare di cinque etti unicamente guardando una fetta di salame, eliminare frutti di mare  e pesce dalla dieta mi costerebbe uno sforzo immane: sono cresciuta in una famiglia in cui la domenica la mamma infilava le aragoste ancora vive nella pentola, e poi chiudeva la porta della cucina per non sentirle piangere (le aragoste piangono, lo sapete, no?). Oltretutto, come si rimpiazza la carne nell’alimentazione da bar quotidiana? Cosa si ordina in pausa pranzo? E la rustichella dell’autogrill alle cinque del mattino? Andando più a fondo, poi, c’è da chiedersi se smettere di mangiare carne non sovverta l’ordine naturale delle cose: non c’è dubbio sul fatto che ai primordi l’uomo fosse carnivoro, e che l’intero sistema sia stato studiato dalla natura o dal vecchio barbuto perché gli umani cacciassero le bestie, che a loro volta cacciavano altre bestie, che a loro volta cacciavano altre bestie e così via, garantendo con un equilibrio delicatissimo la sussistenza di tutti quanti.
Soprattutto, però, il problema che si pone è quello dell’onestà con se stessi. Sono una che vive attaccata all’iPhone, ho un modem wireless a cinque centimetri dal cuscino, guido una Ducati 600 il cui scarico non ha mai visto un filtro antiparticolato, compro vestiti firmati probabilmente prodotti in Cina, le mattine in cui la cervicale mi tormenta mando giù due Oki in un bicchiere d’acqua prima di fare colazione e due subito dopo, per non menzionare poi alcuni eccessi alcolici in cui mi capita di indugiare.
Come si concilia tutto questo con una posizione risoluta e convinta sul vegetarianesimo? Probabilmente non si concilia: o tutto o niente. Ma scegliere il tutto implica diventare un’altra persona, e optare per il niente significa tacere sussulti di coscienza sempre più insistenti.
E quindi?
Sono in attesa di una risposta, o di convincenti riflessioni altrui.
[Colonna sonora di tutti questi pensieri, e loro parte integrante: Mr Wendal, Arrested Develpment, 1992]
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    #1 by Eno on April 27, 2010 - 16:32

    Ciao Gea, penso che sia la prima volta che scrivo nel tuo nuovo blog, ma mi sento chiamato in causa da medico… il vegetarianesimo e ugualmente sbagliato a mangiare tanta carne, la via di mezzo è esenziale per l’organismo, troppa carne sicuramente fa male, ma cmq deve esserci nella dieta per che questa sia adeguata. Poi sicuramente i metodi e modi di allevamento “di massa” per intenderci è poco etico e a dir poco criminale, ma tu stessa l’hai detto, l’allevamento tradizionale teoricamente consente una vita decente agli animali prima di diventare cibo per cui sarebbe la soluzione migliore. Sicuramente è più facile per me a chiavari trovarlo che per te a milano, ma cmq ci sarà un posto spero in tutta milano! Sicuramente la carne mangiata in eccesso può essere cancerogena, ma quello non vuole dire che una fiorentina di 2 kg ogni tanto non sia piacevole, esattamente come l’alcol può causare problemi al fegato, ma non vuole dire che quando arrivo al venerdi sfinito dopo una settimana curando vecchietti un bel bicchiere di vino (o forse anche 2) non sia una buona idea. allora non bisognerebbe mangiare il sale perche può portare ipertensione e cosi via potrei dirti cento alimenti ed ingredienti che non bisognerebbe manco guardare. La via di mezzo e sempre la miglior cosa, e lo dice un ciollo chiavarese che ha come sport nazionale abbuffarsi di mangiare ogni volta che può.

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    #2 by gea on April 27, 2010 - 16:40

    Eno, e cosa mi dici del fatto che la carne è riempita di antibiotici, ormoni, steroidi e quant’altro?

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    #3 by Eno on April 27, 2010 - 17:27

    Premesso che per gli antibiotici ce un valore massimo consentito dalla legge x la carne, visto che anche gli animali si ammalano e hanno bisogno di cure medice, invece gli ormoni ed altri farmaci sono vietati. Sicuramente in Italia i controlli sono troppo pochi vista la quantità di carne prodotta da allevamenti “di massa”. Comunque è importante sapere la provenienza di questa cazzo di carne che mi mangio, e ripeto che x me a chiavari è + facile fare questo piuttosto che per te a milano. Perciò a milano farai la vegetariana e quando vieni in riviera farai la carnivora!
    Però, pensiamo per un secondo che il 100% della carne comprata in italia sia piena di antibiotici, ormoni e cose varie, allora decidiamo tutti di diventare vegetariani, cosi poi più avanti nella nostra vita avremmo altri problemi di salute diversi, perche cmq nn è una dieta adeguata, perciò voglio morire di cancro per la carne o di qualcos’altro dovuto al non mangiarla??? Questa ipotesi è valida sono se sono sicuro che TUTTA la carne sia contaminata. Come secondo me non è cosi bisogna sapere la provenienza di queste carni che mi mangio… Dire che la carne è riempita di antibiotici, ormoni steroidi e quant’altro diventa troppo facile, dire quasi allarmismo gratuito (belin come sono polemico, sembro chicco, ahahhaha). e poi ci saranno quei poveri cristi che allevano gli animali come dio comanda! Compriamo da loro!!!!!

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    #4 by gea on April 27, 2010 - 17:31

    No, ma non sei polemico, sono molto d’accordo, infatti sto cercando di trovare “la quadra”, come si dice in gergo. Non sono certa che nemmeno a livello di sviluppo del pianeta smettere di mangiare carne faccia bene, solo che vorrei cercare di trovare una soluzione non troppo dannosa per il fisico. Dopodiché, come dicevo, io assumo tonnellate di altre cose nocive, quindi non voglio essere un’integralista pura e dura (che non mi riuscirebbe comunque)

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    #5 by Eno on April 27, 2010 - 18:42

    La soluzione è mangiare la quantità giusta di carne a settimana, cioè non più di 3 volte a settimana… e poi, WE LOVE LE TONNELLATE DI COSE NOCIVE!!!!

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    #6 by nicolizzo on April 28, 2010 - 09:33

    il ciollo parla come magna….

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    #7 by momo on April 28, 2010 - 14:38

    io per la mia alimentazione seguo il consiglio del dottor Nick Riviera: “se lo sfreghi contro un pezzo di carta matta la fa diventare trasparente, allora va bene!”

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    #8 by gea on April 28, 2010 - 14:45

    Credo di non averlo capito…

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    #9 by Eno on April 28, 2010 - 17:06

    Citazione dei Simpsons Gea. Se parlo come magno gatto allora parlo molto e bene!

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    #10 by gea on April 28, 2010 - 17:07

    naaa, se ho perso la citazione dei simpson vuol dire che sono davvero vecchia.

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    #11 by giovanni on April 28, 2010 - 18:22

    Cara Gea, innanzi tutto…smettila perché sei una ragazzina, più giovane di me tra l’altro!
    Per dire una banalità..’in medio stat virtus’.
    Io personalmente non amo la carne, comprarla a Bologna è un offesa al gusto e al portafogli, ergo facevo scorte in Calabria e la surgelavo, ovviamente per un periodo massimo di due-tre mesi, ultimamente ( da quando uso l’aereo per raggiungere il paese natio) mi è capitato di trovare della carne di discreta qualità (Chianina e Romagnola) alla Coop o al Carrefour..
    L’ultima volta che ho mangiato carne bovina nel mese di aprile è stato a Pasqua, in un delizioso ristorante vicino Pontassieve, dove ho gustato un magnifico piatto di tagliata: e pensare che la vista della carne al sangue in genere mi disgusta!
    Insomma condivido il parere di Eno, evitare integralismo ( tipo Evo Morales e i polli che rendono gli europei dei ‘deviati’ calvi o la Coca-Cola sturabidet! :P) e allarmismo, moderare l’apporto proteico e mangiare sano…viviamo in Italia per nostra fortuna!
    Se vuoi una fonte d’ispirazione per cominciare a cucinare ti consiglio questo bellissimo blog di ricette: http://www.pappa-reale.net :D!
    Ciao e buona serata!

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    #12 by momo on April 28, 2010 - 20:07

    mi permetto un po di filosofia da bar.
    Dile la saggezza popolare “se non ti uccide ingrassa”. Ingrassa in senso positivo. E se andiamo a vedere tutto uccide, tutto fa male. D’altra parte il nostro destino finale e’ risaputo ai piu’ (toccatevi pure se volete, ma la sostanza non cambia).
    Il cibo, il fumo, lo stress, ma anche la stessa attivita’ fisica, sono tutte cose che logorano il nostro fragile corpo.
    Intendiamoci, il mio non e’ un invito al vizio sfrenato e al menefreghismo… E’ solo un ragionamento spicciolo
    Fatemi capire: un uovo biologico allunga la mia vita di quanto rispetto all’uovo che viene cagato dalla scatola? Facciamo un dieci minuti a uovo?
    Quindi una serata di bisboccia la recupero in due mesi di frittate non ormonali?

    Nn lo so, non vorrei essere qualunquista, per carita’ la vita sana e’ importante etc.etc. io vivendo in questo posto di merda (UAE per chi non lo sapesse) ho preso dieci chili e ho avuto un invecchiamento VISIBILE pazzesco… e non sono i trentanni alle porte. Almeno non solo quelli.
    Eppure da un po di tempo mi sforzo di mangiare sano (verdura, pesce, carne bianca), attivita fisica regolare e ridotti orari di ufficio (niente piu dieci di sera… e poi per chi?).
    L’alcolismo, beh, quello e’ un vizietto a cui non rinuncio, insieme alle sigarette. Ma in ogni caso, non ho visto grossi miglioramenti rispetto a quando vivevo di libanese e indiano…
    Poi torno in Italia e posso mangiare le PIETRE ed e’ tutto ok.

    E’ il cibo? Mh.

    Con questo plaudo a chi si sforza di mangiare etico. Ma i nostri nonni non mi sembra campassero piu a lungo di noi.

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    #13 by Chicco on April 29, 2010 - 12:17

    Il ciollo non è attendibile…sta solo mettendo le mani avanti per giustificare la solita abbuffata del primo maggio. Cmq tanta saggezza!

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    #14 by Eno on April 29, 2010 - 20:07

    Eno “el sabio”!

(will not be published)