Dispacci, Tel Aviv #4


La generazione con la divisa e il mitragliatore si è palesata di colpo, dopo due giorni che incontravamo solo hipster in canottiera collegati a grinder, dog sitter per famiglie affluent ed arabi israeliani di ogni età e tipo, rumorosi e bruschi come i loro cugini dei Territori. 

Eravamo in centro, nei pressi dell’auditorium, forse il solo posto in cui la città sembra davvero una città. I militari ragazzini erano radunati disordinatamente, un po’ seduti in gruppetti – telefono in mano e fronte sudata – un po’ sdraiati per terra, al riparo dal sole. Ci stavamo chiedendo come mai fossero tutti lì quando ci siamo girati e abbiamo visto una spianata di zaini, divise e mitra, impilati a decine, come fossero bastoncini dello shanghai. E in fondo a tutto, quasi nascosto dagli zaini e dai fucili, ce n’era uno con la chitarra in mano, straniato e straniante nel suo tentativo di normalità.

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