Archive for category viaggi

Pechino dispacci #2

Ho capito perché la gente qui ci viene in primavera: a -15 gradi oggi ho pensato di svenire, non sentivo più le mani, mi scendevano i lacrimoni come ai bambini.
Stremata dal freddo, sono entrata in un ristorante hot pot super consigliato, ma solo dopo aver sbagliato mille volte la strada ed essermi infilata in un condominio provocando gli squittii del guardiano.
Ho ordinato delle cose a caso, e quando sono arrivate mi sono messa in bocca queste specie di polpette di carpa cruda trattenendo i conati di vomito. I camerieri mi guardavano a distanza ravvicinata dandosi di gomito.
Poi, mossa a compassione, una è arrivata e mi ha spiegato che quel contenitore di rame in mezzo alla tavola non era un distributore di calore, bensì la hot pot in cui cucinare le portate.
Sapessi come è strano sentirsi provinciali a Pechino.

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Pechino dispacci #1

Telegrafica, causa qualità della connessione.
C’è un odore nell’aria, di fritto che ristagna mescolato a cemento e plastica bruciata, che mi dà la nausea.
Spero di assuefarmi in fretta.

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Febbre gialla

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Quindi, voglio che sappiate che alla vigilia della mia partenza per Pechino peso il mio minimo storico. Se quando torno ho preso anche solo un etto riterrò i cinesi colpevoli e aprirò le ostilità.

(Ps. Sì: parto per Pechino e poi non so dove altro, dipende quando finisco i soldi; sì è stato improvvisato; sì vado da sola e faccio di testa mia. Molte scuse a tutti quelli ai quali non l’ho detto e che non ho visto per complicazioni immaginabili).

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Imperdibile

Guardatevi tutte, ma proprio tutte, le foto dell’unofficial diary dei 12 mila chilometri del viaggio di Edoardo lungo i confini turchi.
Tutte, eh, mi raccomando.

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Fired up, ready to go

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Charlotte, North Virginia, 6 settembre 2012 Persone in attesa di ascoltare il discorso di Barack Obama alla convention democratica

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Real love

Comunque la prossima volta che mi piace uno prima anche solo di uscirci una volta gli faccio un test. Se è disposto a mollare tutto e prendere per tre mesi in affitto una casa a new orleans, dimenticandosi di tutto il resto e passando le giornate tra il fiume e i locali in cui si suona tutto il giorno, sono pronta a sposarlo.

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Postcards from a place I oughta live in one day

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Finché luce non ci separi

Certo che seduti in un bar – sempre lo stesso – con un menù fatto di birra caffè sei ostriche birra caffè sei ostriche, non è facile dire perché questa città ha dentro un’energia che destabilizza e fa venire voglia di stare per strada a parlare con chiunque e di ridere da soli, ascoltando musica in ogni angolo, pensando a come spremere la notte ancora un po’, finché la luce non ci manderà tutti a dormire.
Qualcuno, sulla riva del vecchio fiume, ha già iniziato.

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New Orleans, senza punti

Sarebbe giusto dire come ho guidato 12 ore da Tampa a New Orleans e sono arrivata in città e ancora non era tornata l’elettricità e la gente scappava dai sobborghi nerissimi in dieci sulle macchine per cercare riparo negli alberghi e quando finalmente sono arrivata al mio albergo la mia stanza non c’era più perché era stata data agli sfollati e una tizia larga centoventi centimetri più o meno gridava contro il consierge sudato marcio in piedi da 72 ore e l’unico bianco nel giro di cinquecento metri, un texano sbronzo da giorni presumibilmente, mi si è attaccato addosso e provava a prendermi la mano e mi ha chiesto nell’ordine di sposarlo dividere una camera scopare, e io nel panico cercavo un taxi per scappare a questo inferno e di taxi non ce ne erano più, e adesso 18 ore dopo sono in un bar al centesimo caffè e non riesco a raccontarlo meglio di così, per il momento.

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Tu chiamale, se vuoi, elezioni

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