Archive for category viaggi
Pechino Dispacci #10
Nella metro di Pechino c’è una tale concentrazione di umanità e batteri che uno scienziato appena un po’ volenteroso potrebbe ricreare il big bang.
Pechino Dispacci #9
Io glielo ho buttata lì al proprietario del ristorante (consigliato sulle guide) che queste carpe qui non avevano un aspetto proprio eccellente per essere esposte nella vasca a dimostrazione di quanto è fresco il pesce…
Pechino Dispacci #8
Sono entrata in un negozio di dischi di Nanluo Guxiang, un hutong di Pechino rimesso un po’ a nuovo ma ancora abbastanza autentico. Suonavano i Velvet Undergorund, ragione per cui mi sono fermata, oltre al fatto in realtà che era il primo negozio propriamente di musica che vedevo (tutti vendono un miliardo di cianfrusaglie e magari anche cd di qualche copia locale di Cindy Lauper: questo vendeva solo dischi, e ben ordinati).
Insomma, sono entrata e ho iniziato a conversare con il commesso, non con il mio metodo consueto – io parlo italiano, l’altro cinese e vediamo se abbassa il prezzo o se mi molla nel posto giusto – bensì in inglese.
Il ragazzo, oltre ad avere una discreta conoscenza musicale – discreta per uno che non può accedere a YouTube perché è bloccato dal governo – aveva anche una certa padronanza linguistica, quindi gli ho chiesto di farmi vedere un po’ di roba cinese.
Mi ha messo su qualche disco e alla fine uno mi ha persino convinto (una versione pechinese e molto peggiore dei Sonic Youth ma comunque con un suo piccolo perché) e ho deciso di comprarlo.
Mentre tiravo fuori i soldi, non proprio pochissimi, mi sono chiesta a chi sarebbero finiti: alla band, all’etichetta (assolutamente sconosciuta), al partito?
Quindi, con una certa ingenuità, gli ho chiesto: Hey ma come funziona con la musica qui? È come la stampa? Deve passare attraverso la censura?
Lui ha preso a guardarmi inebetito senza parlare. Ho pensato non avesse capito.
No, dico, i musicisti, devono passare qualche controllo, chessò, c’è un ufficio apposta?
Silenzio.
Voglio dire, uno suona quello che vuole? Sono liberi?
Intanto è entrato un cliente. Scusa, il mio inglese non è così buono.
Shanghai Dispacci #3
Alla luce del sole, comparso inaspettatamente dall’orizzonte di smog, i miei colpi di sole non paiono proprio proprio eccezionali, ecco.
Cina Dispacci #4
Credo che in Cina sia successo questo: il Paese è cambiato prima che la gente potesse cambiare.
Le Olimpiadi, l’Expo, la finanza e il celodurismo da partito unico che sfida il mondo hanno portato treni veloci, un po’ di grattacieli, aeroporti, grandi alberghi. Ma è come se li avessero costruiti in mezzo al deserto, per almeno due diverse ragioni.
La prima è che, esclusi i funzionari del governo e la grande mole di lavoratori che girano intorno all’apparato (hostess, bigliettai, controllori, tour operator, poliziotti: tanti, visto che l’apparato è grande, ma pochi in valore assoluto rapportato a 1,3 miliardi di abitanti), la maggior parte dei cinesi non sa nemmeno come si usano queste infrastrutture.
L’altro giorno alla biglietteria self service della stazione super nuova di Shanghai davanti a me c’era questa ragazza che ha passato cinque minuti di numero a cercare di fare il biglietto senza riuscirci. Dietro la calca spingeva e grugniva arrabbiata, finché esasperata non mi sono affacciata e ho cercato di capire cosa non funzionasse: stava cercando di infilare la banconota del pagamento accartocciata. Cioè provava a spingerla dentro alla fessura tutta arrotolata e piegata in quattro, come se dovesse metterla in un contenitore, tipo la famosa urna degli autobus di Pechino.
Ero incredula: la ragazza di fronte alla macchina aveva dipinto in volto lo stesso sgomento che avrei io di fronte a un reattore nucleare da avviare. Con la differenza che di certo non proverei a farlo buttando nel nucleo un cerino acceso.
Non lo dico per prenderla in giro: anche io sono sgomenta. Ci raccontano da anni la Cina super potenza, ma la storia è lungi dall’essersi compiuta. Il cuore del Paese, il nerbo vitale, appartiene ancora a un’epoca fa. Anche se compra smartphone che, peraltro, usa per lo più in modo iper chiassoso per guardarci la televisione, incluso a tavola.
La seconda motivazione è che i grattacieli e i treni super veloci sono solo una frazione minima della Cina. Il Partito bombarda i cittadini e l’Occidente di immagini di palazzi avveniristici in costruzione a Pechino, Canton, Shanghai. Ma sono poche decine, e in pochi posti. La realtà è che dovunque si appoggi lo sguardo fuori dal perimetro urbano, ovunque, stanno costruendo migliaia, forse decine di migliaia di palazzoni simili a mostruose trappole per topi.
Mi spiegava una docente universitaria britannica che vive qui da 30 anni che il progetto del Partito per il prossimo decennio è fare sparire alcune città e concentrare la popolazione in alcune macro aree dove è più facile trovare lavoro (e forse controllarla?).
Ora, è vero che per chi vive in baracche di lamiera senza alcun servizio e non sa di che far mangiare i figli non avrà certo il mio snobismo nel definire questi complessi abitativi.
Ma guardate le foto (purtroppo sempre rubate dai treni in corsa) e ditemi se è lo sviluppo mirabolante di cui tanto si parla. E poi chiediamoci anche se tutte le società devono fare gli stessi errori: perché anche noi ci siamo passati da quel degrado li. Solo che eravamo meno.
nota bene: le foto sono scattare di seguito. I palazzi sono tutti vicini.
Cina dispacci #3
Al cinese faccio ridere. Mi guarda estrarre dalla tasca i fazzoletti tempo (pagati a peso d’oro) per soffiarmi il naso e non si trattiene: mi ride in faccia. Poi si gira dall’altro lato e si soffia il naso anche lui. Senza fazzoletto.
Non so in quale epoca dello sviluppo si trasformino in dei lama (i bambini non sputano, ho notato), però è incredibile quanto riescono a sputare. E dove: se sono al chiuso di una stanza, si alzano dal posto a sedere e raggiungono un angolo per scracchiare all’incrocio dei muri.
Se morisse un marinaio per ogni imprecazione tirata quando uno sputo ti sfiora una scarpa, avrei sterminato la V Flotta.
Cina Dispacci #2
A Pechino, impero della programmazione economica controllata e della crescita armoniosa verso il progresso universale, non ho visto nessuno chiedere l’elemosina o rovistare nella spazzatura (probabilmente sono stati tutti deportati nel deserto dei Gobi).
Più ci si avvicina a Shanghai, culla del rampantismo made in China, più aumentano invece i disperati che ti si attaccano alla giacca per due spicci, o quelli tramortiti dal freddo avvolti nel cartone ai semafori (durante la notte poi il cartone glielo fregano: la raccolta della carta qui è un business sulla rampa di lancio).
Non so se questo dia ragione a Marx, ma senza fare troppo caso alle sottigliezze se fossi in Bersani verrei qui a girare uno spot, prima di rischiare di perdere le elezioni.
Cina dispacci (vale ovunque) #1
In violazione di tutti i miei principi morali, per riuscire a mangiare mezza porzione di qualsiasi cosa devo ordinare almeno quattro piatti: il 99% lo lascio, qualcosa funziona.
Mi sento una merda, specie di fronte alle facce dei camerieri, ma cazzo bisognerebbe precisarlo: piatto di olio di semi che frigge da sei giorni con dentro fave.
Suzhou Dispacci #1
Al terzo giorno, come quello più famoso, sono risorta: ho ripreso a respirare.
Per celebrare l’evento avevo pianificato una gita a Suzhou, antico centro della seta nonché Venezia d’Oriente. Una cittadina, il posto giusto dove recuperare i bronchi.
Ma dalla stesura della lonely planet (dodici mesi fa) ad ora, la cittadina ha acquisito quel milioncino di abitanti, testa più testa meno. E dal treno mi ha accolto così (le foto fanno schifo, ma giusto per capirci).