Archive for category gea and the city
nell’alto dei cieli
Posted by gea in gea and the city on October 31, 2012
comunque Signore volevo dirti che sei un signore proprio gentile che fai scendere l’apocalisse ogni sera che l’indomani non mi devo svegliare alle sei e mezza. Proprio proprio gentile.
Sulla strada
Posted by gea in gea and the city, giornali e dintorni, politica e dintorni on October 19, 2012
Deve esserci una ragione per cui ogni volta che allontano mi dalla sinistra (che, intendiamoci, non vive in Italia, né a nord né a sud), la vita mi manda un segnale. Tipo amici licenziati in tronco perché i margini aziendali non ci sono più, o famiglie di quattro persone che erano classe media fino a dodici mesi fa in cui adesso entrambi i genitori sono senza lavoro, un figlio va ancora a scuola e l’unico che porta a casa lo stipendio è un 25enne pagato decisamente meno dei limiti contrattuali per lavorare molto di più dell’orario previsto.
Se credessi in Dio, direi che mi rimette sulla giusta strada. Invece deve essere quella roba che si chiama coscienza.
Sweet home via Vigevano
Posted by gea in gea and the city on October 18, 2012
I suoni gutturali del Corbetta, le grida di peppuccio, i biglietti in stile rione popolare anni 50.
Sweet home via Vigevano.
L’aggravante
Posted by gea in gea and the city on October 10, 2012
Come quelli che ti mandano manciate di sms al giorno, Ho voglia di vederti andiamo a bere una birra ci tengo un casino puoi oggi?, poi la sera che ‘sta birra te la bevi davvero incroci un amico che gli dice Oh ma vivete ancora lì tu e la tua morosa?
e la risposta imbarazzata è Sì certo,
e tu dici Ma sono scema io o un demente vero tu?
e la risposta ovviamente è scema io, non perché lui sia non un demente, ma perché che cazzo ci faccio fuori con questo che ha l’attrattiva di un blocco di ghisa solo con in più l’aggravante di votare Bersani?
Sticky stamps
Posted by gea in gea and the city, giornali e dintorni on September 6, 2012
Ho comprato tanto di quel merchandising di Obama che adesso rientro a pieno diritto nella stampa liberal e progressive.
Ci manca solo che mi assuma il New York Times.
Real love
Posted by gea in gea and the city, viaggi on September 3, 2012
Comunque la prossima volta che mi piace uno prima anche solo di uscirci una volta gli faccio un test. Se è disposto a mollare tutto e prendere per tre mesi in affitto una casa a new orleans, dimenticandosi di tutto il resto e passando le giornate tra il fiume e i locali in cui si suona tutto il giorno, sono pronta a sposarlo.
Finché luce non ci separi
Posted by gea in gea and the city, viaggi on September 2, 2012
Certo che seduti in un bar – sempre lo stesso – con un menù fatto di birra caffè sei ostriche birra caffè sei ostriche, non è facile dire perché questa città ha dentro un’energia che destabilizza e fa venire voglia di stare per strada a parlare con chiunque e di ridere da soli, ascoltando musica in ogni angolo, pensando a come spremere la notte ancora un po’, finché la luce non ci manderà tutti a dormire.
Qualcuno, sulla riva del vecchio fiume, ha già iniziato.
New Orleans, senza punti
Posted by gea in gea and the city, viaggi on September 1, 2012
Sarebbe giusto dire come ho guidato 12 ore da Tampa a New Orleans e sono arrivata in città e ancora non era tornata l’elettricità e la gente scappava dai sobborghi nerissimi in dieci sulle macchine per cercare riparo negli alberghi e quando finalmente sono arrivata al mio albergo la mia stanza non c’era più perché era stata data agli sfollati e una tizia larga centoventi centimetri più o meno gridava contro il consierge sudato marcio in piedi da 72 ore e l’unico bianco nel giro di cinquecento metri, un texano sbronzo da giorni presumibilmente, mi si è attaccato addosso e provava a prendermi la mano e mi ha chiesto nell’ordine di sposarlo dividere una camera scopare, e io nel panico cercavo un taxi per scappare a questo inferno e di taxi non ce ne erano più, e adesso 18 ore dopo sono in un bar al centesimo caffè e non riesco a raccontarlo meglio di così, per il momento.
Ridammi il dolore, sempre meglio di te
Posted by gea in gea and the city on August 15, 2012
Capita che ti svegli una mattina di agosto e un dente che non sapevi nemmeno di possedere decide di ricordarti la sua presenza aprendo le ostilità. E alla fine, nonostante la resistenza nei confronti delle cure mediche – specie quelle in emergenza, che nascondono sempre una qualche minaccia – ti ritrovi a sfogliare Internet in cerca di un dentista che il 6 agosto sia ancora nell’inferno di cemento della nostra amata Milano.
Buona notizia: esistono. Non solo quelli che lavorano tutto il mese – un po’ come me, insomma – ma quelli che lavorano twenyfourseven, per dirla con gli americani. Ventiquattro ore su 24, sette giorni su sette. Un po’ tipo il 7Eleven all’angolo, refugium peccatorum di molte notti e molti disperati.
Va da sé che il dentista twenyfourseven non è (ancora) quello che ha il Cayenne parcheggiato in garage e l’infermiera 90-60-90 che gli getta occhiate languide. Bensì un dominus che ha parcheggiato quattro o cinque neo-patentati dentisti in uno studio che sembra una caserma, una ecaudoregna alla reception e una slava a reggere i ferri del mestiere.
E tuttavia, superata la barriera linguistica (l’ho sempre detto che aver bevuto birre a Valencia per un anno pagata dall’università è stata una delle mie migliori scelte di sempre), con solerzia si accede sotto lo sguardo vigile dell’apprendista dentista. Che non conosce dubbi o esitazioni: Devitalizziamo.
– Ma come, ora?
– Certo non c’è tempo da perdere.
– Ma devitalizzare non è tipo l’ultima spiaggia?
– Signorina, c’è sempre l’estrazione. Vuole che glielo estragga?, chiede con sorriso da Shining.
Per l’amor di Dio, devitalizziamo.
L’operazione, a dirla tutta, è meglio del previsto: tre siringhe di anestesia e passa la paura (soprattutto, la consapevolezza). Quasi banale. Tanto che il neodentista 1, che armeggia in bocca, e il neodentista 2, che gioca su Facebook a pochi metri di distanza, hanno tempo di scambiare chiacchiere e amenità.
– Quindi dove vai in vacanza?
– In Turchia
– In Turchia?
– Già, costava poco
– Mi raccomando non mangiare niente di fresco. Solo roba in lattina. Quelli non hanno nemmeno le fogne: prendi il colera.
– Eh lo so lo so. Ma guarda, sono già stato una volta a Sarajevo: ho persino bevuto da una fontanella.
– Eh sì, ma può essere drammatico. Un mio amico è quasi morto in Thailandia per aver mangiato un’arancia.
[Inizio ad agitarmi, batto i piedi sul lettino]
– Signora, stia ferma
[Signora una cippa, ho 32 anni, pirla]
– Comunque dicevo: c’è da aver paura lì eh. Il mio amico poi è andato all’ospedale: gli hanno dato 24 pastiglie in un giorno.
– Lo so: io quando sono all’estero i denti me li lavo sempre con l’acqua minerale.
– E il ghiaccio nei cocktail? Ma lo sai che il mix di alcool e batteri del colera può ammazzarti?
– Sì sì ma io non tocco niente figurati: spiaggia, ristorante, discoteca e via.
– Ma non ti annoi un po’?
– Eh sì ma non c’è niente da vedere lì in Turchia. Niente. Niente in centinaia di chilometri.
Ridatemi il mio dente. Rivoglio il mio dolore. Meglio le ferite del corpo che quelle dell’anima.
On va à Arles
Posted by gea in gea and the city, viaggi on July 4, 2012
Il potere liberatorio del fare una valigia ascoltando Bob Dylan.