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Amman/Dispacci # 3
Rispetto al delirio di Amman, Beirut sembrava quasi Bruxelles. Prendi un paesotto di 6 mila anime in mezzo al deserto e fallo crescere fino a 1 milione e mezzo di abitanti in un secolo, con un tasso di natalità annua del 3,5%.
Il risultato è un agglomerato mostruoso di cemento, polvere e rumore, piccoli commerci e baracche di lamiera e plastica.
Quando sono arrivata, una settimana fa, ho pensato che non ne sarei uscita viva. Oggi contratto con i tassisti il prezzo delle corse con tanta insistenza che uno l’altro giorno mi ha detto: “Non è vero che sei italiana, sei araba”.
L’ho preso come un complimento.
La verità è che devo avere davvero un gene arabo affogato in mezzo al Dna, capace di venire fuori quando necessario. D’altra parte mio padre è siciliano, una contiguità storica c’è.
Ho girato il Paese in lungo e in largo e sono quasi pronta a fare il salto dall’altro lato: la West Bank e, spero, Gaza.
Credo di poter sopportare tutto, o quasi. Sto solo un po’ sbarellando con la musica: il fixer che mi sono trovata ascolta canti sauditi da mattina a sera, roba che in confronto Feiruz è Coccoluto. Oggi, sotto il sole cocente di mezzogiorno, alla quattrocentesima volta che la cassetta faceva il giro, l’ho supplicato di cambiare. Non ha cambiato.
Non riesco a scrivere qui sopra quanto vorrei, mi manca realmente il tempo. Ma se leggete Lettera43 ci trovatevparecchio di quello che mi sta passando sotto gli occhi. Domani scendo in piazza con i manifestanti. Sperate che se ne stiano buonini.
Amman/Dispacci #2
Sono quasi certa che ci sia del gene palestinese in me.
http://www.lettera43.it/attualita/21380/le-macerie-di-un-popolo.htm
Amman_Dispacci 1 e 1/2
Dimenticavo. Amman è senza acqua dalle 14. Sono le 23 quasi. Con 45 gradi e un’alimentazione a base di ceci, non è esattamente gradevole.
Amman_Dispacci #1
Amman è un’immensa distesa di cemento ocra in mezzo a un deserto ugualmente ocra.
Non ci sono colori, né monumenti da usare come riferimento quando ci si perde nel dedalo dei suq. Non ci sono moschee a stagliarsi all’orizzonte. Non c’è nemmeno un vero palazzo reale, da additare come segno dello scollamento tra il sultano e la gente.
Ci sono solo centinaia di miglia di case a due piani, nude, cotte dal sole, abbarbicate sui jabel, colli, appiccicati l’uno all’altro come certe case di Spaccanapoli.
I giordani sono gente di una semplicità che quasi ferisce. Hanno accolto i palestinesi. Hanno accolto gli iracheni. Hanno accolto i siriani.
Oggi accolgono la povertà e la siccità come il volere di Dio. Un dio in cui forse nemmeno credono più, ma comunque puntello di un’esistenza che scorre su binari tracciati da un disegno troppo alto per poterlo discutere.
Non sono pronti per una rivoluzione. In compenso sono certi che in Libia tutto sarà finito entro il ramadan, il 30 luglio. Ho chiesto perché, ma non lo vogliono dire. Domani forse incontro qualcuno che me lo spieghi.
Beirut/Dispacci #13
Bonjur per, je sui an giurnalist e il è an fotografer
[Grande inizio, sguardi soddisfatti].
Nus vudrem fer an intervist
Ue ue avec tu..tuà…an interpret? Emh, nus avom el Pinarelli
[Marco parla francese? No. Vabbè facciamo finta dai].
So, cant tiemp tu è isi? En chest ville?
E com son les rapport avec lo muslim?
Chesche tu pens de Hezbollah?
[Questa era perfetta, dai].
Ue ue, je compri. Mee lo muslim pensen i stess?
(voce fuori campo)La mem scios, la mem scios
[grande intervento del Pinarelli, interprete vero].
Chesche je pans de Beneduit? Mua? Sur le pop?
[concentrati, Gea, concentrati].
Mon per, je pans que il è diabolik. Diabolik, ue.
Tiro, 4 agosto.
Beirut/Dispacci #12
soundtrack: Morning bell
Delicatezza non è la parola da associare al Libano, ma l’altra sera, in mezzo a canti palestinesi e calici generosi, quella di Halim mi ha travolto come vento di scirocco.
Era delicato lui, con la timidezza che gli fa scegliere con cura le parole soppesandone il valore, ed era quasi struggente il racconto di uno spaccato della sua infanzia, storie ordinarie di ragazzini cresciuti sotto le bombe della guerra civile.
Tutto il vicinato si nascondeva in un’unica casa, mi ha spiegato, dove dormivamo a decine, sdraiati sui materassi testa-piedi-testa-piedi per guadagnare spazio. Avrò avuto sette anni e mi sono preso la prima cotta per una bambina che dormiva affianco a me, i suoi piedi affianco alla mia testa e viceversa. Così per me le bombe avevano un che di romantico, capisci, quando c’era l’allarme e si correva nel rifugio ero felice, anche se non potevo farlo vedere a nessuno. Ma lei se ne era accorta e un giorno ci siamo svegliati e mi ha baciato un piede in uno slancio di tenerezza. A quel punto mi sono fatto coraggio e l’ho baciata a mia volta, un bacio sulle labbra, una cosa tremendamente appassionata per essere un bambino! Ma la cosa strana è che mentre la baciavo non riuscivo a smettere di pensare che quella stessa bocca aveva toccato i miei piedi un attimo prima, e mi faceva un po’ impressione. Non è strano che lo abbia pensato? E’ il ricordo più forte che ho di quel periodo. Forse per questo ancora oggi non so stare a piedi nudi di fronte a nessuno.
Beirut/Dispacci #11
Fatico a credere che Robert Fisk, con il quale tra l’altro ho parlato ieri al telefono (grazie Paolo grazie, I owe you one), si sia mai presentato a un’intervista esordendo Si faccia una domanda e si dia una risposta, più o meno come ho fatto stamane con due ore e mezzo di sonno sul groppone e un concerto di shots a crivellarmi il cervelletto. Il mostro DeLille nel frattempo vagava per il posto cercando l’inquadratura perfetta per vincere il Word press photo, divorando focacce libanesi assorbi vodka. Una volta trovata, ovviamente, la tipa non ha voluto farsi fotografare: forse l’acume delle mie domande l’aveva impressionata.
Beirut/Dispacci #10
There’s always a reason why at the very end the four of you go out to the Barometer and all of a sudden you’ve become the best dancer ever, and while your lifetime mate (doesn’t matter you didn’t know him four months ago, he’s a lifetime mate by now) buys vodka shots one after the other you fall in love with the most incredible guy, and your plane is leaving in 24 hours but maybe the feddayn can do something for you, and if they don’t that’s life man, domani c’è la guerra, so you go to sleep at 5,30 in the morning and will be waking up in 3 hours for an interview and a shooting and maybe the phone will be ringing and who knows, this is Beirut, and you always have a lot to learn from it, for sure you know that by now.
Beirut/Dispacci #9 e1/2
E comunque la cosa incredibile di questo paese è che puoi essere sotto alle bombe di pomeriggio e due ore e 70 chilometri dopo ritrovarti catapultato in un concerto di musica sperimentale dove un molleggiato libanese si dimena come uno sciamano davanti a mixer e sintetizzatori, mentre un batterista mena cassa e rullante con vigore ancestrale; e ulteriori due ore dopo ascoltare Perfectly numb in un bar alternowell chiacchierando con un pittore giordano con la scritta delete tatuata sul cuore e pensare per un istante che non è affatto male. Calmi, calmi: per un istante.
Beirut/Dispacci #9
Stasera, mentre ci allontanavamo da Tiro e sotto gli occhi sfilavano carri armati con militari sulle torrette e gigantesche bandiere della Germania a celebrare l’orrore hitleriano, questa canzone mi è sembrata quasi una preghiera.
Santa Lucia per chi beve di notte/
e di notte muore e di notte legge/
e cade sul suo ultimo metro/
per gli amici che vanno e ritornano indietro /
e hanno perduto l’anima e le ali/
per chi vive all’incrocio dei venti/
ed è bruciato vivo/
per le persone facili che non hanno dubbi mai/
per la nostra corona di stelle e di spine/
per la nostra paura del buio e della fantasia/
Santa Lucia, il violino dei poveri è una barca sfondata/
e un ragazzino al secondo piano che canta ride e stona/
perché vada lontano/
fa che gli sia dolce anche la pioggia delle scarpe/
anche la solitudine.