Sulla questione Santoro sto facendo una fatica bestiale. Uno sforzo grande per leggere tutto, ascoltarlo parlare, aspettare l’accordo ufficiale, ricacciare indietro l’ondata di populismo che mi verrebbe da cavalcare, indignata, quasi offesa. Non tanto come “seguace di Santoro” o di Raiperunanotte – ché io con le identificazioni tout court non ci vado molto d’accordo – ma più come giornalista impegnata in una battaglia quotidiana contro gerontocrati e stati di crisi dell’industria editoriale.
Ma, appunto, mi sforzo di aspettare di avere il quadro chiaro. Qualche pensiero comunque si può mettere in fila, giusto per stimolare la riflessione. Per esempio: sul fatto che Michele Santoro sia una prima donna, talvolta antipatico e tuttavia di certo il miglior professionista nel suo campo, non ci sono grandi dubbi. D’altra parte, lo share della sua trasmissione lo dimostra in pieno: sarà anche guardata solo da quelli di sinistra – ma davvero ce ne sono così tanti in Italia? – ma Ballarò, per dire, quei numeri non li fa. Altrettanto è vero che non deve essersela passata bene, a livello di stress, negli ultimi anni: costantemente sotto osservazione, minacce, proiettili, intercettazioni in cui lo vogliono far chiudere, ogni puntata sudata contro tutti e tutto, ogni stagione in bilico fino alla fine. Si può dire anche che Santoro non è proprio un simpaticone, è un egocentrico, ha lavorato a Mediaset – anche se continuare a sottolinearlo è una forzatura: in Italia ci sono due aziende editoriali televisive, quindi il fatto di andare a Mediaset non rappresenta per forza una “svendita” di sé, quanto l’evidenza dell’anomalia del sistema – è andato al Parlamento UE per poi mollare tutto disgustato appena lo hanno reintegrato in Rai. Dicono di lui i cattivi che l’epurazione a opera di Berlusconi sia stata la sua fortuna, ma io non lo credo, visto che parecchi grattacapi glieli deve aver provocati, e comunque il suo talento e la sua capacità trascinatrice all’epoca erano già ben noti.
Insomma, ora gli danno 3 milioni di euro e se ne va in prepensionamento, e firma con l’azienda un accordo per cui nel prossimo anno produce per loro 7 docufiction – pare fosse la sua fissa da tempo – alla cifra di un milione di euro l’una. Provo a pensare come valuterei la vicenda se al posto di Santoro ci fosse un impiegato di un’azienda, chessò, che produce scarpe: da anni lo mobbizzano, non lo vogliono far lavorare, gli fanno una guerra costante e a un certo punto ha la possibilità di andarsene e di portarsi via qualche soldo (per lui non sono nemmeno così tanti, 3 milioni di euro). Chi non direbbe sì? Infatti accetta. Però, siccome nel produrre scarpe è bravissimo ed è capace di invetarsi sempre cose nuove, al posto di affittarsi una casetta a Cannigione in Sardegna e godersi il mare continua a fare esperimenti e a trovare nuovi modelli. Già, ma a chi li vende? A quelli che lo hanno odiato e gli hanno reso la vita un inferno? A quel capo che detestava vedere la sua faccetta smunta alla macchinetta del caffé e diceva al caporeparto: “Il signor Rossi bisogna che se ne vada di qui in fretta, trovi un modo per toglierlo di mezzo!”? Secondo la legge del mercato magari sì, può vendere anche a loro, e alla fine potrebbe persino fare un favore ai consumatori se propone loro delle scarpe fichissime, di buona qualità a un prezzo giusto. Però, a pensarci bene, io non vorrei dare il mio prodotto migliore a chi ha fatto di tutto per rovinarmi la vita: piuttosto mi ingegno e apro un negozio on line, ma un favore così non glielo faccio, no?
Ecco, questo mi verrebbe da dire. Perché Santoro non le vende a La7 le sue docu-fiction? O se invece semplicemente vuole provare un genere nuovo perché non farlo dall’interno, in qualità di dipendente? (Magari la risposta è che non avrebbe potuto farlo per questioni tecniche, visto che c’è un controricorso sul suo reintegro in corso). In ogni caso, questo mi fa pensare: non che se ne vada e che gli diano dei soldi (dovuti e nemmeno molti, ripeto) per farlo, ma quella collaborazione esterna, oltretutto molto remunerata.
Perché da un lato non mi pare in linea con le battaglie ideologiche di Santoro, ma su questo forse mi sbaglio o pongo male la questione. E poi perché c’è dietro una considerazione spicciola, che quelli della mia età che fanno il mio mestiere non possono non fare: finché la Rai quei dieci milioni di euro li dà a Santoro spazio e soldi per i giovani non ce ne saranno mai. E hai voglia a raccontare di come se la passano male in fabbrica finché fingi di ignorare cosa succede nel cortile di casa tua.
#1 by Luca Sognatore on May 21, 2010 - 17:53
A me dispiace solo per Travaglio… 😉
Fuor di scherzo, questo, a mio avviso, è un capolavoro della RAI… in un colpo solo, si levano dalle scatole Santoro (e staremo a vedere le sue docufiction se e quando le manderanno in onda), si mettono al riparo dal ricorso e, cosa più importante, delegittimano Santoro agli occhi di quanti lo consideravano un duro e puro…
And did you exchange
A walk on part in the war
For a lead role in a cage?
#2 by Luca Sognatore on May 21, 2010 - 17:53
Dimenticavo: complimenti per il titolo, degno di Spinoza 😉