Amman è un’immensa distesa di cemento ocra in mezzo a un deserto ugualmente ocra.
Non ci sono colori, né monumenti da usare come riferimento quando ci si perde nel dedalo dei suq. Non ci sono moschee a stagliarsi all’orizzonte. Non c’è nemmeno un vero palazzo reale, da additare come segno dello scollamento tra il sultano e la gente.
Ci sono solo centinaia di miglia di case a due piani, nude, cotte dal sole, abbarbicate sui jabel, colli, appiccicati l’uno all’altro come certe case di Spaccanapoli.
I giordani sono gente di una semplicità che quasi ferisce. Hanno accolto i palestinesi. Hanno accolto gli iracheni. Hanno accolto i siriani.
Oggi accolgono la povertà e la siccità come il volere di Dio. Un dio in cui forse nemmeno credono più, ma comunque puntello di un’esistenza che scorre su binari tracciati da un disegno troppo alto per poterlo discutere.
Non sono pronti per una rivoluzione. In compenso sono certi che in Libia tutto sarà finito entro il ramadan, il 30 luglio. Ho chiesto perché, ma non lo vogliono dire. Domani forse incontro qualcuno che me lo spieghi.
Amman_Dispacci #1
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