Archive for March 31st, 2010

Day after

Lunedì sera alle 23.30 ho spento computer e televisione e mi sono infilata a letto con Mordechai Richler: le saghe israelo-palestinesi sono quanto di meglio per ricordare che c’è sempre qualcuno cui va peggio di noi.
Martedì mattina, ancora sotto le lenzuola, ho controllato le percentuali della disfatta – inspiegabile come la Bonino abbia preso meno voti di quella coatta da grande fratello; diciamo comunque che l’uscita a gamba tesa dell’Onorevole Bagnasco deve avere qualcosa a che fare con questo mistero – e poi mi sono infilata in redazione dove per almeno due ore ho evitato qualsiasi contatto con siti di informazione e quotidiani. Infine, mi sono convinta a volermi abbastanza male da prendere in mano il Corsera: in una giornata così, tanto vale fustigarsi anche con la linea editoriale di De Bortoli.
Ho rimuginato, rimuginato, rimuginato; evitato Facebook e similia; tenuto la bocca chiusa nella maggior parte dei dibattiti tra colleghi.
Infine, dopo tanto pensare, di fronte ai miei occhi si è materializzato chiarissimo il quadro della situazione. Eccomi, quindi.
Punto numero uno: non parlerò della destra. Nessuna citazione a Silvio Berlusconi, Umberto Bossi, il di lui figlio, il mangiatore di asini Ignazio La Russa, il soldato della Padania Cota, quellachepotevafarelastardelGF Renata Polverini eccetera eccetera. Parlerò di noi; anzi, di loro: della sinistra (!).
Punto due: parlerò della sinistra, non del centro sinistra. Perché, parafrasando Moretti, le parole sono importanti e l’abitudine mentale a pensare in termini di cento sinistra è tra responsabili del danno: a noi interessa la Sinistra, non il centro, non la destra transfuga a sinistra, non i clericali vestiti ora da moderati, ora da verdi, ora da mascelloni. Io-sono-di-Sinistra, punto.
Terzo: parlerò della Sinistra come partito, come identità politica, come organismo sancito dalla costituzione nella sua natura di partito organizzato, e che per questo risponde a criteri, obblighi, doveri, statuti, regolamenti, e non a eccitazioni individuali e mal di pancia e voglia di gridare e incazzature di sorta e progetti mai acclarati e compagnia cantante.

Parliamo, dunque. Parliamo del Partito Democratico, infelice eredità del glorioso ancorché fallimentare Pci, mutazione transgenica avvenuta col filtro del moderatismo e del progressismo e del dialoghismo e del buonismo e, soprattutto, dell’incapacità di dire le cose come stanno per paura di essere troppo di sinistra (di cui l’allargamento al centro). Questa è la storia degli ultimi anni, la storia di una diluizione progressiva, che ha reso quelli che oggi si chiamano democratici sul modello americano un partito con poca anima (togliergliela del tutto sarebbe ingiusto e e li metterebbe a livello di Berlusconi e soci: un paragone che francamente non meritano) e scarsissima capacità di capire e ascoltare la gente, a parte le comparsate di Bersani fuori dai cancelli di Mirafiori, fuori tempo massimo visto che fra due anni nemmeno esisterà più. Un partito così teso nello sforzo di apparire moderato che ha smesso proprio di apparire; così progressista e largo nei propri obiettivi da essere incapace di inquadrarne uno concreto (a parte quello di far fuori Berlusconi, cosa che peraltro a queste condizioni non gli riuscirà mai); così rispettoso della Res Publica e delle sue istituzioni da non riuscire a distinguere quando le istituzioni mancano di rispetto a noi. Un partito addormentato, che reagisce poco e reagisce tardi. Un partito la cui unica mossa chiara di recente è stata provare a far fuori Nichi Vendola: e per fortuna che Vendola è più sveglio di loro e ne ha fatti secchi lui un paio.

Poi guardiamo i risultati elettorali e vediamo chi, nella galassia dell’opposizione, è venuto fuori bene da questa tornata. Il buon Vendola, appunto, che mi fregio di additare come speranza della sinistra da anni ormai. Antonio Di Pietro e i suoi. Grillo e i grillini.
La lezione è così chiara che non c’è quasi bisogno di tirare le fila. Ma facciamolo comunque.
1) Gli elettori vogliono messaggi chiari, semplici e che sentano propri e importanti (peraltro il modello della Lega). Vendola ha vinto il secondo mandato in Puglia, andando contro l’apparato e nonostante inchieste e scandali che hanno travolto molti intorno a lui, con la capacità di dire cose elementari ed enormemente di sinistra (a me sembrano di buon senso, ma generalmente vengono ricondotte a sinistra). Per esempio: l’acqua è un bene di tutti e non si paga. Il nucleare è pericoloso e finché non sappiamo come smaltire le scorie non costruiamo centrali a casa nostra. Patti con delinquenti non ne faccio.
Sembrano cose strane? No, eppure avete sentito Bersani dirlo di recente? (O anche non di recente). Quanto ci vuole a dire che privatizzare l’acqua è inammissibile? Ci vuole il coraggio di ricordarsi chi siamo e cosa crediamo e qual è lo spirito della sinistra: evidentemente la nomenklatura del PD non ha il coraggio di affermarlo.
2) Messaggi chiari (magari non nella forma lessicale, ma tant’è) sono quelli che manda Di Pietro, un altro il cui partito è in crescita netta. E quelli che grida Grillo ansimando durante i suoi spettacoli e nelle piazze. Sono tutti da condividere? No, io molti di quelli di Grillo non li condivido affatto. Mancano di sostanza e chiarezza, sono spesso poco più che mere enunciazioni di sogni. Eppure evidentemente la gente ha bisogno anche di sogni con cui vivere: un mondo più verde, energie rinnovabili, città cablate, benzina che costa il giusto. Quant’è che il PD (o i Ds prima, e prima il Pds) non regala un sogno?
A me anni.
3) Cos’hanno in comune i Grillini, l’IDV, la Lega e Sinistra e Libertà? Un leader forte, chiaro e riconoscibile. C’è un altro modo per spiegare come Vendola, giovane (specie al suo primo mandato), omosessuale e di fede postcomunista abbia potuto vincere in Meridione per due mandati di fila?

Quindi, lezioncina. La Sinistra, per tornare a essere tale, ha bisogno di: trovare un leader che lo sia davvero (continuo a suggerire il nome di Nichi); trovare il coraggio di fare un programma che si basi su valori chiari e condivisi e condivisibili; smettere di provare a impallinare l’avversario sentendosi a lui superiore, ma iniziando a impallinarlo con progetti, proposte e discorsi che gli rispondano in modo chiaro e netto; ritrovare l’orgoglio di essere sinistra.

A quel punto, se mai arriverà, avrà di nuovo il mio voto.

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